Dr. Andrea Leone – Psicologo

Studio di Psicologia Clinica e Forense
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Separazione Genitoriale: come riconoscere e gestire le emozioni dei figli

Pubblicato il 01/02/2019 da wp_7872566

Può succedere…l’amore nasce e può finire.. è già questa è di per sé una difficile lezione da impartire ai nostri figli. Come finisce, come si decide di dire basta e mettere la parola fine alla propria coppia senza che questo rappresenti un’esperienza traumatica e/o particolarmente dolorosa per il proprio figlio?

Sono stati scritti una miriade di manuali sull’argomento e molti di essi offrono spunti interessanti per riflettere e per affrontare come coppia genitoriale la propria separazione come coppia coniugale nella specifica relazione con il proprio figlio. Ebbene sì, sembrerà scontato ma credo che sia giusto ribadirlo: marito e moglie (o due conviventi) hanno tutto il diritto e tutta la facoltà di decidere di interrompere la propria relazione, ma altresì hanno il dovere di assicurare che questo evento non si traduca in un vero e proprio dramma per il figlio.

Lo so, anche gli adulti potrebbero soffrire e spesso questo dolore è di difficile gestione: si piange, si grida, si sbattono porte, si dicono cose di cui prima o poi ci si pentirà e ci si vergognerà. Ricordiamoci, però, che i figli sono spettatori, spesso inermi e silenziosi, di una separazione che è sempre una responsabilità e una scelta operata dagli adulti.

Mamma e papà, in qualsiasi circostanza, rappresentano per il figlio i punti cardini ai quali aggrapparsi per decidere la propria traiettoria di vita, quella costanza che permette al bambino di comprendere la realtà, di orientarsi e di trovare un significato. Ed è questo che bisogna sempre assicurare al proprio figlio: orientamento, direzione e protezione, sia che i genitori vivano sotto lo stesso tetto, sia che decidano di separarsi.

Ma vediamo da vicino quali potrebbero essere le principali emozioni e gli stati d’animo che un figlio sperimenta di fronte all’eventualità che i suoi genitori si separino e cosa quest’ultimi potrebbero mettere in campo per sostenerlo:

  • Paura: è l’emozione forse più potente; paura di perdere l’unica certezza che ha avuto fino a quel momento (mamma e papà), paura di non sapere cosa ne sarà della sua esistenza; paura dei cambiamenti (come sarà il suo letto? chi lo accompagnerà a scuola?..).  La paura mina il modello previsionale che il bambino ha avuto fino a quel momento per comprendere come andranno le cose. Gli adulti dovrebbero rassicurare in questo senso, ed essere in grado di fornire risposte adeguate e veritiere (oltre che tranquillizzanti) di ciò che sarà del figlio, delle sue abitudini, della nuova quotidianità.
  • Tristezza: molte cose belle che un bambino ha sperimentato, non ci saranno più e ne sentirà la mancanza. Saranno particolarmente tristi le feste di compleanno, il pranzo di Natale, le vacanze soprattutto se queste impongono al bambino di dover scegliere con quale genitore trascorrerle.
    È doveroso specificare che rispetto a questo aspetto, i genitori debbano trovare un accordo, lontano dagli occhi del bambino ed in un secondo momento comunicarlo, come un dato assodato e condiviso dagli adulti. Addirittura, per il benessere del proprio figlio, si potrebbe optare una soluzione condivisa in cui mamma e papà siano, ad esempio, entrambi presenti, anche se separati, alla festa di compleanno del proprio figlio.
  • Rabbia: la rabbia, di solito, si manifesta quando ci si sente frustrati, prevaricati, ma può anche essere espressione del senso di impotenza che un bambino sperimenta di fronte alla separazione dei propri genitori. La rabbia si manifesta in modo diverso: può essere un capriccio per una piccola cosa, un litigio acceso con un compagno di classe, nel gioco delle bambole, pugni o atti aggressivi nei confronti di mamma e papà.
    In questi casi, è necessario che genitori ed insegnanti aiutino il bambino a raccontare direttamente la sua rabbia e/o a trovare canali di espressione altri (gioco con animali, disegno, “termometro della rabbia”..)
  • Senso di colpa: sono molti i bambini che si accusano di essere la causa della separazione dei propri genitori perché, probabilmente, hanno spesso assistito a litigi inerenti a dilemmi educativi o aspetti inerenti la vita dei figli. In questo caso, è necessario che i genitori siano chiari ed espliciti, oltre che rassicuranti: mamma e papà non si lasciano per colpa del proprio figlio, anzi probabilmente quest’ultimo è stato il motivo per cui hanno procrastinato la decisione di separarsi.
  • Vergogna: se la separazione è vissuta come evento deprecabile, il bambino può provare vergogna, ad esempio a scuola con i propri compagni o dopo aver ascoltato i nonni attribuire un giudizio di valore sull’evento-separazione. È dunque fondamentale che tutti gli adulti che ruotano intorno alla vita del bambino (insegnanti, nonni) mantengano di fronte a quest’ultimo una visione realistica di ciò che sta avvenendo, astenendosi ad attribuire di colpe e responsabilità all’una o all’altra delle parti in causa.
  • Impotenza: il bambino, nella propria fantasia, potrebbe pensare di mettere in atto una serie di strategie che magicamente risolvano la situazione. È il caso del bambino-salvatore che si ingegna per salvare la relazione di mamma e papà…fino a quando non si scontra con il dato reale: la separazione. Tanto più forti sono state le illusioni del bambino, maggiore sarà il suo vissuto di impotenza e di dolore. Per tale motivo, i genitori devono rappresentare un contenimento affettivo ed emotivo adeguato con funzione rassicurante: gesti fisici e coccole, parole, lettura congiunta di libri, visioni di programmi o film…

I bambini hanno bisogno di essere ascoltati, rassicurati e di sapere che mamma e papà, seppur abiteranno in case diverse, non li abbandoneranno mai e saranno sempre presenti per loro!

Dott. Andrea Leone

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Perché consultare lo psicologo

Pubblicato il 07/04/2018 da wp_7872566

Le persone tendenzialmente si prendono poca cura della propria salute psicologica rispetto alla salute fisica. Paradossalmente esistono molto disturbi correlati, se non addirittura derivati, dal proprio stato emotivo, dalle proprie esperienze non del tutto “digerite” .
Consultare uno Psicologo non significa essere “svitati” o “diversi”, ma al contrario, vuol dire prendersi cura della propria salute mentale, la quale va di pari passo con la propria salute fisica e con il benessere generale.

È soltanto ristabilendo l’equilibrio e lo stato psicologico si migliora, in modo direttamente proporzionale, la qualità della propria esistenza in tutti i suoi vari aspetti.

Decidere di parlare della propria sofferenza con qualcuno è una decisione che va presa col giusto tempo. E ognuno di noi ha bisogno del suo: può essere qualche giorno, qualche settimana, qualche mese o addirittura qualche anno. Ma forse è bene valutare il fatto che l’attesa, il più delle volte, non fa altro che acuire le paure, le sofferenze e le difficoltà. Meglio evitare di esasperare la situazione e compromettere gli ambiti più significativi della propria vita, non trovi?

Mettere a frutto le proprie risorse per cercare di trovare un nuovo equilibrio è senza dubbio un comportamento da elogiare. Ma non siamo tutti psicologi e anche se siamo a conoscenza di nozioni importanti acquisite durante le nostre esperienze, non significa conoscere la nostra mente. Alcune volte, proprio il fatto di essere nella nostra pelle non ci permette di trovare la chiave per risolvere situazioni che ci fanno soffrire. E questo vale anche per gli psicologi stessi!!!

Ecco alcuni esempi in cui un supporto psicologico può essere utile:

  • favorire una crescita interiore personale;
  • ristabilire equilibrio e giusto livello di umore e di autostima;
  • liberarsi da eccesso di ansia, stress, impulsi, pensieri, paure, difficoltà, etc.;
  • superare/risolvere un trauma, un lutto;
  • esigenze di comprensione e/o di orientamento;
  • una crisi temporanea;
  • raggiungere una maggiore e migliore consapevolezza di sé, degli altri e delle proprie sfere vitali (familiare, sentimentale, sociale, lavorativa, scolastica);
  • ritrovare la serenità e la felicità;
  • uscire da situazioni di stallo e/o blocco,
  • dipanare e risollevare dinamiche e difficoltà affettive, sociali, familiari, relazionali, scolastiche, lavorative;
  • uscire gradualmente da abusi e dipendenze;
  • rimodulare e migliorare il proprio carattere e la propria personalità.

In tutti questi casi e in molteplici altri scenari,  un supporto psicologico può risultare un positivo e benefico aiuto, sostenendo la persona attraverso il disagio interno fino alla sua attenuazione e/o scomparsa. Esso può essere utile per migliorare e capire la propria parte interna ritrovando un giusto equilibrio tra essa e il mondo esterno.

Dott. Andrea Leone

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